dal Manifesto del Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica #CoVeSaP
Premessa
La tutela della salute è garantita dall’art. 32 della Costituzione Italiana, ciononostante assistiamo oggi ad un progressivo smantellamento del modello di sanità pubblica, costruito con la Riforma Sanitaria del 1978 e che nel Veneto ha funzionato molto bene anche grazie all’integrazione ospedale-territorio e al decentramento delle strutture, Ciò ha fatto sì che in tutte le provincie del Veneto siano nati spontaneamente comitati locali per sostenere concretamente il diritto costituzionale alla salute e all’uguaglianza nell’accesso alle cure.
Negli ultimi vent’anni è avvenuta in Veneto una pesante ristrutturazione dell’organizzazione sanitaria con una drastica riduzione dei posti letto, fino alla chiusura di molti ospedali pubblici, e un importante aumento dei posti letto nelle strutture private, accreditate e non. Particolarmente allarmante è la situazione creatasi nell’ambito della Riabilitazione, in cui il 70% dei posti letto è ormai in strutture private, con punte del 90% e oltre. La nuova organizzazione ospedaliera risente anche dell’eccessivo accentramento di funzioni negli ospedali provinciali (hub), a scapito degli altri ospedali (spoke), con conseguenti disagi degli utenti e crescente malcontento degli operatori. Servizi specialistici vengono chiusi negli ospedali periferici, mentre si portano al collasso gli ospedali provinciali. Molto spesso l’allocazione di Reparti/Servizi/Specialità appare totalmente svincolata dalle necessità e caratteristiche del territorio su cui insistono (densità della popolazione, presenza di popolazione anziana o comunque fragile o con problematiche socio-economiche, etc.).
La carenza sempre più drammatica di medici e di altre figure sanitarie strutturate all’interno degli ospedali, e più in generale nelle strutture assistenziali pubbliche, sia quelle gestite dalle Ulss che nelle Aziende Ospedale-Università, ha ulteriormente peggiorato la situazione. È noto infatti che oggi l’assistenza medica nelle Aziende Ospedaliere Universitarie è garantita solo grazie alla presenza degli Specializzandi. La risposta del Governatore del Veneto di assumere, anche in Servizi molto delicati quali Pronto Soccorso, Medicina e Geriatria, medici neo laureati , o in corso di specializzazione, appare tuttavia per nulla convincente e vede infatti l’opposizione delle Organizzazioni Mediche e degli stessi Specializzandi.
La principale conseguenza di questi problemi irrisolti é la lunghezza dei tempi di attesa per le prestazioni specialistiche, che molto spesso scoraggiano il cittadino dall’usare le strutture pubbliche e lo inducono a rivolgersi a quelle private o “intra moenia”.
A fronte della progressiva riduzione/accentramento dei Servizi ospedalieri non si è assistito ad un corrispondente sviluppo dei Servizi territoriali. Il Piano per lo sviluppo delle cosiddette Cure Primarie di fatto non è mai decollato. Gli strumenti più evoluti di Medicina Generale, quali i gruppi integrati dove erano previsti attività mediche specialistiche, prelievi ematici, attività di fisioterapia, ecc., non si sono sviluppati, rimanendo pochi e isolati. Il Medico di Medicina Generale è tuttora un professionista che lavora da solo, scarsamente integrato sia con i Servizi di Assistenza Domiciliare Infermieristica del Distretto sia coi “Percorsi di Cura” all’interno dell’Ospedale e degli Ambulatori Specialistici Aziendali, e pertanto risponde come può alle richieste dei pazienti.
La programmazione regionale che prevede la chiusura dei Reparti di lungodegenza e la loro sostituzione con Ospedali di Comunità e URT (cosiddette Strutture Intermedie) nella sua attuazione concreta si è dimostrata scarsamente lungimirante, in quanto le due tipologie di strutture non sono intercambiabili. Infatti, i pazienti che necessitano di ricovero in lungodegenza non dovrebbero poter accedere agli Ospedali di Comunità in quanto non sono “pazienti stabilizzati dal punto di vista medico e che non richiedono assistenza ospedaliera”. Inoltre, gli Ospedali di Comunità e le URT, essendo strutture di tipo socio-assistenziale,dopo un certo periodo prevedono un contributo economico del paziente o della famiglia.
In ogni caso il numero di posti letto di queste Strutture intermedie è ancora molto al di sotto delle previsioni dei Documenti Programmatori della Regione (3).
La Rete delle Cure Palliative, ovvero quella rivolta ai pazienti affetti da malattie inguaribili in stadio molto avanzato che dovrebbe assicurare un’assistenza domiciliare nelle intere 24 ore ai pazienti e alle loro famiglie e che prevede la presenza di Medici Palliativisti , Infermieri dedicati, e di altre figure quali Psicologi, non è presente in maniera completa in nessun territorio e non garantisce assolutamente un’assistenza continuativa. Anche i posti letto negli Hospice appaiono insufficienti , l’organizzazione dell’assistenza viene pertanto lasciata alla buona volontà degli operatori e delle famiglie.
I Distretti Sociosanitari, che dovevano costruire una regìa unificante della rete assistenziale nel territorio, hanno progressivamente perso il loro ruolo, indebolendo così sempre più la integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali e minando alla base il modello Veneto di assistenza sociosanitaria integrata.
Anche nell’ambito più precipuamente socio-sanitario, ovvero in quelle attività assistenziali delegate dalla totalità dei Comuni veneti alle Aziende Socio-Sanitarie, si è assistito ad un depauperamento dei Servizi e dell’ Assistenza. Nell’ambito Materno Infantile, ad esempio, sono stati chiusi moltissimi Consultori Familiari. Molto spesso gli operatori che vi lavorano vengono assunti con contratti a termine o a gettone e sono soggetti a forti precarietà e avvicendamento. L’assistenza nellaNeuropsichiatria Infantile è assolutamente carente (ci sono pochissimi neuropsichiatri e specialisti in genere) a fronte di un crescente disagio tra i bambini e, soprattutto, tra gli adolescenti e nelle loro famiglie.
Sempre gravissima è la situazione dei Servizi di Salute Mentale. La Psichiatria, da sempre Cenerentola dei Servizi, ha visto ulteriormente diminuire gli investimenti: in Veneto solo il 3% del bilancio va ai servizi della salute mentale contro il 5%della media italiana. Anche in questo ambito c’è un tentativo di scaricare la spesa sui pazienti e sulle famiglie per l’insufficienza dei posti nelle strutture pubbliche previste dalla legge (Centri Diurni, Comunità, Alloggi protetti, ecc.). Come se non bastasse la destinazione delle poche risorse non è sempre adeguata alle priorità. Nell’ambito della prevenzione e cura delle dipendenze si assiste ad un grande sforzo economico e di energie contro la dipendenza dal gioco e le ludopatie, problema certamente importante ma decisamente minoritario rispetto alla diffusione ormai ubiquitaria delle sostanze stupefacenti tra le giovani generazioni.
Egualmente abbandonate si sentono le famiglie con giovani disabili: trovare una collocazione per loro all’interno dei Centri Diurni o di altre Strutture pubbliche è spesso difficile e prevede lunghi tempi di attesa .Spesso le famiglie devono attendere anni, dopo la fine della scuola, perché i loro ragazzi abbiano un’assistenza all’interno dei Servizi per la Disabilità, oppure devono pagare di tasca propria per un’assistenza che sarebbe dovuta loro per Legge.
Lo stesso vale per i soggetti adulti o anziani non autosufficienti: è sempre più costoso e complesso per le famiglie poterli assistere a domicilio e i ricoveri nelle Case di Riposo diventano sempre più onerosi (perché la quota erogata dalla Regione è scarsa rispetto alla richiesta degli Istituti). Inoltre, anche in questo ambito, dove finora hanno operato solo strutture pubbliche o senza scopi di lucro, si sta allargando la quota dell’imprenditoria privata che spesso non assicura livelli di qualità assistenziale adeguati.
COSA VOGLIAMO
Che venga mantenuto e potenziato il Sistema Socio-Sanitario integrato pubblico della Regione Veneto che garantisca a tutti i cittadini, soprattutto ai soggetti più vulnerabili(anziani, disabili, affetti da patologie croniche invalidanti, ecc.)un’assistenza sanitaria e socio-sanitaria che a tutti i livelli(prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione) prenda in carico i problemi di salute dei cittadini nelle strutture e servizi di degenza, ambulatoriali e territoriali.
CHIEDIAMO
– una rete ospedaliera di prossimità per patologie acute, in cui vengono garantite qualità, sicurezza e accessibilità e dove i posti letto per acuti e di riabilitazione ospedaliera non vengano trasformati in posti letto di tipo socio-sanitario (ospedale di comunità)
– l’eliminazione dei lunghi tempi di attesa e del cosiddetto galleggiamento”, attraverso un’offerta adeguata di prestazioni specialistiche, soprattutto quelle strumentali, presso Strutture pubbliche e a distanze accettabili
– una rete territoriale che preveda servizi di medicina generale avanzati e integrati con i Servizi di Assistenza Domiciliare Distrettuale, un potenziamento dei servizi di Cure Palliative e la garanzia di una reale assistenza sulle 24 ore
– l’aumento degli ospedali di comunità/URT/Hospice in risposta alle esigenze di una popolazione sempre più anziana e sola e come articolazione del sistema socio-sanitario pubblico, e quindi gratuite e gestite da personale specializzato (da realizzarsi in più e non al posto degli ospedali per acuti, che hanno altra funzione)
– il potenziamento e lo sviluppo dei servizi per l’ Area Materno-infantile e dell’ Età evolutiva quali i Consultori Familiari, la Neuropsichiatria Infantile, i Servizi/le strutture per la tutela della Salute Mentale e dei soggetti con disabilità o comunque con gravi dipendenze funzionali, riattivando la metodologia dei Piani di Zona.
– misure serie e condivise con i rappresentati delle categorie degli operatori che sanino il problema della carenza dei Medici e delle altre figure professionali, senza compromettere il percorso formativo istituzionale dei Medici Specializzandi
la partecipazione democratica alla programmazione dei servizi sanitari e socio-sanitari attraverso la collaborazione con le istituzioni competenti (amministrazioni regionale e locali) e con i rappresentanti delle comunità locali (società scientifiche, associazioni di volontariato, cittadini spontaneamente organizzati e altri attori coinvolti nei processi di tutela della salute).
Infine riconoscendo come nostra e assolutamente pertinente ad un discorso di tutela e promozione della salute anche le lotte che altri comitati fanno in difesa dell’ambiente : la lotta contro l’inquinamento da parte dei PFAS, dei cloro derivati, dei metalli pesanti nell’acqua, la lotta per un’aria più pulita, contro l’inquinamento dei corsi d’acqua e del mare, chiediamo che anche che vengano attivate serie politiche di tutela dell’ambiente .