La legge 109/96 compie 25 anni: la mafia restituisce il maltolto

Più di 36.616 beni immobili confiscati dal 1982

il 48% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali
5 beni su 10 rimangono ancora da destinare

Nel Veneto sono 287 i beni confiscati ancora in gestione all’Agenzia nazionale, 129 quelli destinati agli enti locali

Libera presenta il dossier Fattiperbene
la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia
in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996

In Veneto soltanto 13 le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata
Mediamente tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale trascorrono 10 anni.

 

A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996 è possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni – immobili, mobili e aziendali – sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali.

Nel dossier Libera elabora i dati dell’Agenzia Nazionale: sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori. Secondo una ricognizione dell’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato.

Nella nostra regione sono 287 i beni confiscati ancora in gestione all’Agenzia nazionale, mentre gli immobili confiscati destinati agli enti locali in Veneto sono 129, distribuiti in 32 comuni.

Solo per tredici beni si è proseguito con la destinazione ad utilizzo sociale. Tredici portatori di promozione culturale e di sapere, di una storia nuova che sprigiona energie pulite.

Chiediamo trasparenza ai 22 comuni che non hanno pubblicato l’elenco dei beni loro assegnati.

Le aziende confiscate in gestione all’Agenzia sono 23, mentre una è uscita dalla gestione straordinaria.

La maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva. Su un totale di 4.384 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, quelle destinate sono state quasi tutte liquidate. Ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.919. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive.

Leggi il dossier Fattiperbene: https://www.libera.it/schede-1573-fattiperbene

In questi 25 anni abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e rendere operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, che dopo 25 anni ci chiede però uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge può essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate.

Nel dossier Libera ha mappato le esperienze di riutilizzo dei beni confiscati per finalità sociali per raccontare una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale.

A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale come Libera evidenziamo alcuni punti rispetto ai quali chiediamo:

Mafie e corruzione stanno approfittando sempre di più dell’emergenza sanitaria e della crisi economica e sociale, per questo chiediamo l’effettiva estensione ai “corrotti” delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, con la loro equiparazione e l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni.

L’assegnazione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari competenti e all’Agenzia nazionale in tutto il procedimento di amministrazione dei beni, prevedendo il raccordo fra la fase del sequestro e della confisca fino poi alla destinazione finale del bene ed assicurando il necessario supporto agli enti locali.

La piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di progettazione partecipata del terzo settore e di monitoraggio civico dei cittadini.

La destinazione di una quota del Fondo Unico Giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, per rendere fruibili i beni mobili ed immobili e sostenere la continuità delle attività aziendali, tutelandone i lavoratori, nonché per dare supporto a progetti di imprenditorialità giovanile, di economia e inclusione sociale.

L’utilizzo delle risorse previste per la valorizzazione sociale dei beni confiscati nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, assicurando un percorso di trasparenza e di partecipazione civica nella progettazione e nel monitoraggio.

il referente regionale di Libera Veneto
Roberto Tommasi

PER APPROFONDIRE: “Riman-dati: un report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali”
https://www.libera.it/schede-1571-rimandati