Il nostro presidio si compone di circa 10 persone provenienti dal mondo del volontariato educativo per lo più e dell’accoglienza (Casa comunitaria). Nostro scopo è la promozione della giustizia sociale e della legalità nelle scuole e nei gruppi educativi parrocchiali, e verso la cittadinanza di Camposampiero e dei comuni limitrofi. Collaboriamo con il Tappeto di Iqbal di Barra (Na) e con NCO, la rete del Nuovo Commercio Organizzato che fa capo al Comitato Don Peppe Diana di Casal di Principe con l’iniziativa Un Pacco alla Camorra.
Abbiamo scelto la figura di don Cesare, perché come presidio nascente cercavamo di portare l’attenzione sul nostro territorio. Don Cesare Boschin è nato a Silvelle di Trebaseleghe (Padova). Ci ha colpito da subito la sua storia, il suo interesse per ogni aspetto della vita, e abbiamo voluto impegnarci a tener viva la sua memoria perché ad oggi ancora non c’è verità e giustizia per la sua morte.
Pochi anni dopo la sua ordinazione sacerdotale, nel 1945, viene trasferito a Roma, poi ad Anzio per assistere la popolazione duramente colpita dagli eventi bellici. Nel 1950 accetta la proposta di occuparsi della ricostruzione della chiesa di Santa Maria Goretti, nel comune di Latina. E per le sue origini, decidono di affidargli anche la vicina parrocchia della Santissima Annunziata a Borgo Montello, popolata in larga parte da emigranti veneti.
Don Cesare è attivissimo: fonda l’Azione Cattolica, promuove diverse iniziative per i giovani del borgo, cerca di alleviare la fame e la povertà, trovando lavoro agli sfollati o la terra per i contadini.
La mattina del 30 marzo 1995 il corpo di don Cesare venne ritrovato incaprettato (con le mani e i piedi legati e una corda intorno al collo) dalla perpetua nella sua camera da letto. Venne rinvenuto con il corpo ricoperto da lividi, la mascella e diverse ossa fratturate, la bocca incerottata. L’autopsia stabilì la morte per soffocamento provocato dalla dentiera ingoiata dal parroco per via delle percosse. Gli assassini portarono via le due agende in cui don Cesare era solito annotare tutto, lasciando una preziosa croce in oro, il portafoglio del sacerdote che conteneva ottocentomila lire. Altri cinque milioni nascosti in un armadio furono rinvenuti due mesi dopo e donati. Le indagini furono inizialmente rivolte negli ambienti della tossicodipendenza o si diceva che don Cesare frequentasse gli ambienti gay clandestini della zona. Le voci furono smentite dai parrocchiani del borgo. Ma le indagini si conclusero quattro mesi dopo con l’archiviazione del caso.
Il 29 luglio del 2009, durante un convegno don Luigi Ciotti chiese davanti all’allora Presidente della Repubblica Napolitano la riapertura dell’inchiesta sulla morte di don Boschin. Don Ciotti si era fatto portavoce a livello nazionale delle richieste di un gruppo di cittadini di Borgo Montello che legava la morte del loro parroco ai traffici di rifiuti tossici smaltiti illegalmente dalla camorra in una vicina discarica. Traffico che è stato confermato negli anni da numerosi pentiti ma che non è mai stato confermato da alcun rinvenimento in loco. Nei mesi precedenti alla morte di don Cesare, la popolazione residente nei dintorni della discarica, per protestare contro strani miasmi che si erano intensificati nel tempo, aveva costituito un comitato di protesta. Il parroco aveva accettato di ospitare il comitato nei locali della chiesa. Don Cesare e il comitato civico riuscirono a convincere l’allora sindaco di Latina, a richiedere l’analisi del terreno per rilevare eventuali contaminazioni. Il comitato iniziò a subire le prime ritorsioni per la sua battaglia: lo stesso don Cesare subì diverse intimidazioni. Una settimana prima dell’omicidio, il parroco si sarebbe recato a Roma per chiedere la fine dei traffici ad alcuni politici della ormai disciolta DC, alla quale si era rivolto in passato per trovare lavoro ad alcuni suoi parrocchiani. Successivamente avrebbe incontrato il capitano provinciale dei carabinieri per le stesse ragioni. La sua morte sarebbe stata quindi una vendetta della camorra per stroncare la protesta dei residenti. In effetti, subito dopo l’omicidio, il comitato si sciolse e sulla discarica scese il silenzio. Le stesse modalità della morte, con l’incaprettamento tipico degli omicidi mafiosi, sarebbero secondo Libera una conferma della pista camorristica. In un’intervista a Lazio Tv, il pentito di camorra Carmine Schiavone confermò che “Don Cesare è stato ucciso per questi motivi, perché aveva capito qualcosa”. Ad oggi però, verità ancora non è stata fatta.
Presidio di Camposampiero “Cesare Boschin”