Le mafie dentro il Veneto

Appunti in viaggio 
di Roberto Tommasi, referente regionale veneto Associazione Libera

– Audizione della Commissione parlamentare antimafia (Verona, 17 luglio 2019) –

1 – Ricettività e permeabilità

Per condizioni demografiche, socio-economiche, culturali, politiche, il Veneto non presenta storicamente caratteristiche che portino a considerarla terra di conquista da parte della criminalità organizzata. Nel 1994, nella Relazione dedicata alle infiltrazioni mafiose nelle aree non tradizionali, la Commissione Parlamentare Antimafia, se da un lato affermava che in tutte le regioni ormai esisteva una ramificazione di forme varie di criminalità organizzata di tipo mafioso, dall’altro specificava che “la mancanza di un diffuso consenso, la resistenza opposta da un tessuto economico-sociale complessivamente sano, il rigetto di gran parte della società italiana dei metodi tradizionali dei poteri mafiosi, la stessa esistenza di un tessuto connettivo democratico capillarmente diffuso e meno facilmente permeabile rispetto alle infiltrazioni di soggetti dediti alla criminalità organizzata, funzionano sostanzialmente come anticorpi ed impediscono la riproduzione delle condizioni ambientali tipiche delle zone di origine delle organizzazioni mafiose”. Nei cinque lustri trascorsi è mutato il contesto economico-sociale, che in certi casi si è dimostrato ricettivo, e lo stesso sistema politico ha evidenziato permeabilità.

2 – La presenza mafiosa nell’economia regionale

Le recenti inchieste hanno contribuito alla ricerca di un maggior impegno in termini di interpretazione e analisi. È infatti accertato che si siano verificate situazioni di attrazione, infiltrazione, e in certi casi di radicamento. Per usare le stesse parole della Commissione antimafia, in non pochi casi gli «anticorpi» non hanno funzionato. Le mafie nelle regioni del nord Italia, come del resto nel nord Europa, scelgono la strada dell’invisibilità. La sommersione come “strategia leggera” per intaccare l’economia legale con il riciclaggio dei proventi illeciti accumulati. Nel 2012 la Commissione Antimafia si trasferì nel Veneto, mentre si delineava una nuova mappa, un “quadrilatero” che collegherebbe Verona, Vicenza, Modena e Reggio Emilia. Una presenza che ‘interagisce’ marcando a fondo la società e l’economia. Le indagini svelano uno scenario nel quale la ‘ndrangheta si fa largo a ovest e la Camorra si radica ad est della regione. In Veneto i gruppi mafiosi ripuliscono e riciclano i proventi delle attività illegali, investendoli per conquistare nuovi mercati, incrociando gli interessi degli imprenditori in crisi che cercano aiuto, facili guadagni o acquirenti in grado di rilevare le loro attività. I comparti di mercato da intestare a prestanome interessano l’edilizia, il movimento terra, gli appalti pubblici, lo smaltimento dei rifiuti, la sanità, il gioco d’azzardo, la cantieristica navale, il consumo di suolo, il compro-oro, il settore turistico. Le operazioni di riciclaggio rilevate sono più che quadruplicate, in modo pressoché omogeneo, in tutte le province. A Venezia, Vicenza e Rovigo si sono evidenziati soggetti vicini alla mafia siciliana nell’edilizia e nelle energie rinnovabili. A Venezia, Verona e Vicenza la ‘ndrangheta opera nell’edilizia e nei narcotraffici. Sul lago di Garda, a Belluno e Padova opera la camorra. Qui la corruzione s’intreccia strettamente con quella “zona grigia” che contribuisce ad alterare il mercato mantenendo attive aziende decotte allo scopo di mascherare reati fiscali e contributivi. Le mafie in Veneto quasi mai operano in proprio, preferiscono intrufolarsi, sfruttare ambiti imprenditoriali ricorrendo al sistema di solide e vantaggiose alleanze, con una presenza discreta, non appariscente, non riconducibile ad azioni dirette, consentendo di rafforzare la presenza nel capitale finanziario. Ora si sta andando oltre: si sono moltiplicati anche in Veneto i casi di intimidazioni e minacce, modalità mafiose che si ritenevano relegate agli ambiti geografici tradizionali. La Direzione Investigativa Antimafia annotava segnali “che sembrano propendere verso derive di scontro ancora da decifrare”. La stessa Commissione parlamentare antimafia nella sua Relazione conclusiva ha scritto che esistono “diversi elementi (che) fanno ritenere che siano in atto attività criminali più intense di quanto finora emerso perché l’area è considerata molto attrattiva”. Da più parti è stata stigmatizzata la carenza delle risposte da parte dello Stato, della Magistratura e degli apparati investigativi nel contrasto alle infiltrazioni, l’insufficienza di visione e di interpretazione delle modificazioni in atto.

3 – Un’occupazione silenziosa

I processi di diffusione delle mafie vengono tradizionalmente descritti, per quanto riguarda le regioni del Nord, in termini di infiltrazione o di radicamento. L’espansione per infiltrazione viene facilitata da contesti economici: in questi casi si parla anche di contaminazione. Il radicamento andrebbe invece contestualizzato in relazioni culturali, politiche ed istituzionali. L’idea del radicamento riporta a quella di contagio, che si espande se il contesto è in qualche modo favorevole. Si è verificata anche la condizione di “imitazione”, come dimostra il caso della banda Maniero, attraverso la quale il gruppo criminale cercò di accreditarsi e costruire una propria reputazione mafiosa nel contesto di arrivo. Nelle relazioni economiche, l’effetto imitazione crea spazi a due figure coesistenti della criminalità e degli affari: il mafioso imprenditore e l’imprenditore mafioso (Divorati dalla mafia: Geopolitica del terrorismo mafioso – Jean François Gayraud). L’ibridazione fra queste condizioni è accompagnata da una mutazione di volto e strategia mafiose. Le mafie in Veneto, anche se non sparano dimostrano di essere in grado di minacciare e di intaccare il tessuto socio-economico del territorio. Silenti e invisibili, per non creare allarme sociale, ma attive. Il Veneto, come altre regioni del Nord, è diventato terra di riciclaggio per far fruttare guadagni illegali, maturati altrove, mimetizzandoli con investimenti in attività commerciali e imprenditoriali. E’ una strategia di delocalizzazione che si estende dagli appalti alle speculazioni immobiliari, dagli affari nel settore dei rifiuti al traffico di stupefacenti, fino all’esplosione del fenomeno dell’usura praticata agli imprenditori sull’orlo del fallimento e in cerca di finanziamenti. I mercati più esposti sono quelli dell’edilizia, dei trasporti, del turismo, dello smaltimento dei rifiuti, della grande distribuzione, dei mercati ortofrutticoli, dell’intermediazione di manodopera, del gioco d’azzardo, della contraffazione delle merci. La penetrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto produttivo parte dai settori economici che non richiedono particolari conoscenze tecnologiche, come il commercio al dettaglio, i trasporti, l’edilizia, i servizi di ristorazione . Mentre fino alla fine degli anni ottanta erano presenti mafie attive soprattutto nei mercati illeciti, nei decenni successivi vi è stata prevalenza di investimento nei mercati legali, in quanto le organizzazioni mafiose hanno potuto trovare “appoggio e disponibilità negli ambienti economici legali. Da questo punto di vista, è significativo l’atteggiamento di numerosi imprenditori che cercano di trasformare i vincoli imposti dalla presenza mafiosa in opportunità, se non in veri e propri vantaggi competitivi” (R. Sciarrone, Mafie al Nord). Il Veneto, essendo geograficamente situato in una posizione strategica, è anche una terra di transito di importanti partite di droga, armi e anche di esseri umani, sfruttati nel lavoro nero e nel mercato della prostituzione. Vi si riscontra una forte spinta di influenza di nuovi soggetti ed attività. Si è in un tempo di mafie senza confini: le organizzazioni autoctone si espandono, e nel contempo vi è l’inserimento di organizzazioni allogene (cinesi, nigeriane, moldave e albanesi). La rilevazione sistematica di attività commerciali, il reinvestimento di proventi illeciti, gli squilibri di mercato derivanti da immissioni di denaro sporco, hanno determinato la dismissione di attività e profonde modificazioni della realtà economica e sociale in alcune città del Veneto, laddove gli imprenditori ritengono di potersi servire dei mafiosi per superare il momento di crisi, finendo per rimanere vittime con la perdita del controllo delle aziende. Alla fine si arrendono. I risvolti tragici sono rappresentati dai casi di suicidio di piccoli imprenditori e artigiani. Storie di persone e racconti da riscrivere. “Dietro ai suicidi di piccoli imprenditori e artigiani veneti potrebbe esservi la mano della camorra o, meglio del clan dei casalesi” (Giorgio Cecchetti in “L’ombra della mafia dietro i suicidi degli imprenditori” – il Mattino, 8 gennaio 2014).

4 – Dentro le mafie globali

Una mafia “da contaminazione”, mix complesso e variegato di mafie tradizionali, colletti bianchi e delinquenti locali, pronta a trasformarsi da soggetto dell’anti-stato a soggetto collaborante, grazie a figure deviate dell’ economia e della classe dirigente, che stabiliscono se impegnarsi direttamente o farsi rappresentare nei luoghi dove si decide, nelle amministrazioni, reinvestendo nel ciclo del cemento, nella gestione illegale dei rifiuti o in altre redditizie attività economiche formalmente legali. Le mafie di oggi sono quindi sempre meno visibili, ma sempre più presenti. Dentro il sistema economico, nei settori tradizionali come l’edilizia e nei settori innovativi come le energie rinnovabili, la grande distribuzione, la sanità, il welfare, l’agroalimentare, il turismo, il gioco on line. La faccia finanziaria e manageriale delle mafie, con complessi intrecci societari, con la complicità di imprenditori e faccendieri, ma anche direttori di banca e pubblici ufficiali. Il Veneto risulta la quinta regione italiana per operazioni finanziarie sospette, riciclaggio ed estorsione. Rimane alto l’allarme per le infiltrazioni in attività come l’industria del gioco d’azzardo: Sono rilevate infiltrazioni nelle società di gestione di punti scommesse, che si prestano in modo “legale” ad essere le “lavanderie” per riciclaggio di soldi sporchi, nell’imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, nella gestione di bische clandestine, nel calcio scommesse, nelle corse clandestine dei cavalli, nelle sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell’usura. Il Veneto risulta essere la quinta regione in Italia per scommesse e giocate tra videopoker, slot machines, gratta e vinci. (v. il caso, successivo 8.9). E’ inoltre la prima regione in Italia, insieme all’Emilia Romagna, nell’industria di produzione di slot machines e software per scommesse.

5 – La corruzione in Veneto: da prassi a sistema

Spesso il termine corruzione viene “automaticamente” associato agli appalti al massimo ribasso e alla concessione dei grandi lavori in finanza di progetto (project financing). Frutto di project financing sono il Passante di Mestre, la Pedemontana, il treno ad alta velocità, la terza corsia dell’autostrada Venezia- Trieste, tutti gli ospedali costruiti e costruendi negli ultimi anni, la Romea commerciale (Orte-Mestre), la Nogara-Mare (Transpolesana) (v. successivo 8.4). Gli affidamenti vengono effettuati a cartelli di imprese. Di queste imprese, alcune sono ancora sotto inchiesta per corruzione e riciclaggio. La cronaca ha portato alla luce un contesto di persistente illegalità: corruzione, evasione fiscale, abusivismo edilizio, traffici illeciti di rifiuti, che “alle mafie preparano il terreno perché producono quelle zone grigie, quei vuoti di coscienza e responsabilità civile che permettono alle organizzazioni criminali d’insinuarsi nelle pieghe della vita economica e sociale e di corroderla dall’interno” (Luigi Ciotti, La speranza non è in vendita, Edizioni Gruppo Abele). Per bonificare questa palude bisogna prima portare allo scoperto il vizio genetico che ne ha fecondato l’humus dell’illegalità e del malaffare anche nelle pieghe dell’amministrazione pubblica.

6 – Metamorfosi rigenerative

Ancor oggi ammettere che le organizzazioni mafiose abbiano trovato attrattivo il Veneto, sembra per molti un tabù. Un punto di debolezza viene individuato nella insoddisfacente applicazione dell’articolo 416-bis, che prevede l’incriminazione e la condanna per associazione mafiosa. Debolezza di carattere strutturale, diffusa in tutto il Nord dell’Italia, in relazione alle carenze degli organici e degli strumenti di indagine, ma anche culturali. In un tempo che cambia rapidamente le relazioni economiche e sociali, la mafia si evolve, si trasforma, si insinua nei rapporti di comunità attuando una “metamorfosi rigenerativa”. È necessario non rimanere codificati, decifrare e interpretare i segnali nuovi della presenza mafiosa, con un rapido adeguamento dei mezzi ma anche con una adeguata progressione culturale. Si nota tuttavia come, tra gli indicatori utili per la misurazione della presenza mafiosa in Veneto, sia di interesse quello relativo alla confisca dei beni. L’assegnazione a finalità sociali dei beni confiscati è oggetto di aggiornamento ed approfondimento anche nelle sedi accademiche e istituzionali, e apre una finestra sull’applicazione dell’art. 416-ter del codice penale sullo scambio elettorale politico-mafioso, per nuovi orizzonti di applicazione e di approfondimento e per riaprire canali virtuosi di riutilizzo a risorsa comune. Il riutilizzo e l’assegnazione a finalità sociali in molti casi è reso difficile dalla durata dei tempi e dalle difficoltà di recupero. In ogni caso andrebbe resa esplicita anche nelle attività di gestione la provenienza del bene, per rafforzare il messaggio di riappropriazione comunitaria in modalità associative eticamente improntate in un’azione di promozione della legalità e della corresponsabilità. Anche per rispondere a questa necessità, oltre che a quella della trasparenza nella pubblica amministrazione, Libera ha promosso la Scuola Regionale Com.mon (comunità monitoranti) per generare integrità dal basso, integrarla, migliorarla, riconoscersi in una narrativa comune.

7 – La percezione

Ci siamo posti in ascolto profondo del territorio, cercando nuovi canali di ricerca sociale e di conoscenza, partendo dall’osservazione di chi quotidianamente opera nei territori: i volontari dei presidi e dei coordinamenti provinciali e regionale. In Veneto la mafia viene percepita come un fenomeno marginale, mentre la corruzione sarebbe “abbastanza diffusa” sul territorio. E’ quanto emerge dal rapporto LiberaIdee di Libera, basato su 939 questionari che hanno coinvolto il 9,1% del campione nazionale. Per il 45,3% dei veneti, la presenza della mafia nella propria zona e’ marginale e diventa “preoccupante o socialmente pericolosa” solo in un caso su cinque. Il fenomeno viene valutato come secondario soprattutto da giovanissimi (under 18) e giovani (18-25 anni). Per quanto riguarda le attività della mafia in Veneto, il 57,3% indica il traffico di stupefacenti, seguito dal lavoro nero (30%) e dalla corruzione dei dipendenti pubblici (24,6%). Il 44% inoltre ritiene che la corruzione sia “abbastanza presente” in Veneto, uno su dieci la ritiene “molto diffusa” e uno su cinque ha avuto una conoscenza diretta del fenomeno. Per quanto riguarda le figure piu’ coinvolte in pratiche corruttive, i veneti indicano gli esponenti politici del governo, del parlamento (56,2%) e dei partiti (50,5%), seguiti dai funzionari pubblici che assegnano gli appalti (37,8%) e dagli imprenditori (26,2%). Nella maggior parte dei casi, i veneti pensano che gli episodi di corruzione non vengano denunciati per paura delle conseguenze e di un sistema che potrebbe essere totalmente corrotto. Per i cittadini veneti che hanno risposto alla ricerca la mafia e’ percepita come fenomeno globale ma sotto casa nessuno la vede. È chiaro che per troppo tempo il fenomeno sia stato sottostimato rispetto agli interessi economici e alla ricchezza che ci sono nel territorio.

8 – Casi e criticità

8.1 – Cambio residenza in prossimità del voto: camorra e ‘ndrangheta si possono infiltrare anche nella politica per ottenere appalti. In prossimità delle tornate elettorali per i rinnovi delle amministrazioni locali si verificano cambi di residenza a dir poco sospetti (vedi:http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/ 2017/06/24/news/infiltrazioni-analogie-tra-lignano-e-caorle-1.15534201). «Si verificano strani cambi di residenza proprio nei paesi interessati dal rinnovo delle cariche istituzionali. I malavitosi non hanno colore politico, si legano a chi che garantisce lo sviluppo del loro business nel campo edilizio» (Carlo Pieroni, DIA Padova). Secondo Pieroni i cittadini possono collaborare con le forze dell’ordine segnalando fatti, persone, comportamenti anomali.

8.2 – E’ opportuno tuttavia introdurre anche una riflessione sul ruolo e sulle mansioni dell’impiegato pubblico, ma anche degli impiegati nelle forze dell’ordine stesse, cioè di chi si deve occupare effettivamente di vagliare e verificare episodi del genere. Si pongono due questioni: la prima è la questione delle relazioni, della collaborazione e della sinergia tra organismi pubblici amministrativi ed inquirenti; la seconda riguarda l’applicazione del Decreto Riforma PA in relazione alla mobilità dei dipendenti pubblici, in quanto un incarico che si protrae per lunghi tempi in qualche modo potrebbe condurre ad assuefazione, o a minimizzare, o a non approfondire cause ed effetti nell’alterazione dei rapporti di comunità.

8.3 – Una situazione di questo genere viene segnalata per la stazione dei Carabinieri di Cologna Veneta dalla comunità di Zimella. A Zimella (VR) viene sofferta la presenza della famiglia di Domenico Multari, arrestato per associazione mafiosa nel febbraio scorso. L’allora sindaca Alessia Segantini dichiarava: “dall’Amministrazione chiusura totale verso questi fenomeni”. La sindaca Segantini era stata rieletta alla seconda legislatura nel 2014, nonostante che alla vigilia del voto fosse stata condannata in appello per riciclaggio. La vicenda è collegata all’inchiesta “Reset” avviata dalla Guardia di Finanza nel 2009 per far luce sugli episodi di corruzione nel mondo della concia della Vallata del Chiampo.

8.4 – Un secondo Mose? Pedemontana -. Tre sequestri dal 2016, il primo dopo che un operaio perse la vita schiacciato da un pesante masso. Si tratta della variante alla Galleria Malo-Castelgomberto (contrada di Vallugana nella frazione di San Tomio a Malo). Omissione della cosiddetta opzione alternativa all’apertura del traforo Malo -Castelgomberto che è tuttora sequestrato alle estremità e su cui varrà la pena approfondire le questioni che lo riguardano in futuro. Opera pubblica, nata sotto l’ala del project financing. Questa infrastruttura costerà oltre 13 miliardi di euro, sette volte tanto quanto preventivato. Lavori che affondano in metri cubi di calcestruzzo, gettati nella volta della galleria di Malo, non rispettando i dosaggi previsti. Nel fascicolo aperto dalla Procura di Vicenza si parla di frode, per utilizzo di materiali non marchiati CE e miscele di calcestruzzo diverse da quelle previste dagli elaborati progettuali.

8.5 – Rifiutopoli – la Valdastico Sud nascondeva ben 14 chilometri di rifiuti tossico nocivi sotto l’asfalto. Rifiuti tossici anche per la Terza Corsia autostrada A4, il Parcheggio P5 aeroporto Tessera, Viale della Serenissima a Treviso. Dalla recente indagine della Direzione distrettuale antimafia di Venezia sull’interramento di rifiuti inquinanti (nichel, cromo, piombo e cloruro) in capannoni trasformati in discariche abusive e sotto le strade di un centinaio di Comuni, 21 dei quali in Polesine, si stima che nelle strade del Polesine siano state interrate quasi 9mila tonnellate di veleni e rifiuti tossici. Coinvolte anche le provincie di Verona e Padova. Un disastro ambientale di enorme portata le cui nefaste conseguenze proseguiranno per generazioni.

8.6 – Sbocco a Nord. Il prolungamento della A27 da Longarone al Comelico, in violazione del Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi. Un valico a nord che interessa l’intero asse del Piave, fino al porto di Venezia. Per il Cadore-Comelico questa struttura diventerebbe un incubo: il paesaggio distrutto in un alternarsi di rilevati, viadotti e gallerie; inquinamento atmosferico e acustico.

8.7 – Piano neve – le Olimpiadi “verdi” 2026 assegnate a Cortina si stanno rivelando per quello che da tempo stiamo preannunciando e temendo: un uovo avvelenato ben confezionato, in un mercato dei beni e dei servizi sempre più competitivo che si basa ancora una volta sul cemento e sulle infrastrutture materiali e sul miraggio di una crescita infinita che non tiene conto dei limiti.

8.8 – Sanità. Ci sono tutta una serie di elementi che bisognerebbe analizzare: la sanità pesa per l’80% sul bilancio regionale. Tutte le scelte con l’”azienda zero” sono prese da una sola persona. Si pone un problema di democraticità sui processi decisionali: una sola persona non può decidere della salute di tutti i cittadini veneti. Occorre inoltre analizzare le conseguenze delle privatizzazioni effettuate, contestualmente alle carenze della sanità pubblica (carenze di organici e di servizi). Rimane alta l’emergenza per la contaminazione delle falde acquifere e concentrazioni particolarmente elevate di PFAS nel sangue della popolazione.

8.9 – Azzardopoli: – Billionaire. Di chi è il Billionaire? Della società Wu Xufen. Di chi è la società Wu Xufen? Di Global Starnet Ltd, con sede legale a Londra. La Global Starnet, società a socio unico, opera in Italia tramite una filiale, Global Starnet Limited (IT). Nel 2004 costituisce un’associazione temporanea d’impresa (ATI) e ottiene, quale mandataria dell’ATI, la concessione dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli . La società è presente sul territorio italiano con una rete di oltre 11.000 esercizi con AWP e circa 600 sale con VLT. La scadenza della concessione era il 2009 . Nel 2011, nuova gara. Global Starnet partecipa al bando, ma poi lo impugna ritenendo di avere titolo a proseguire l’originaria concessione senza soluzione di continuità. Il prefetto di Roma rende nota l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, determinando l’esclusione dalla gara. Il TAR annullava l’interdittiva antimafia, ma restavano situazioni attinenti ai contenziosi pendenti presso diverse giurisdizioni. Il socio unico viene rinviato a giudizio nel 2015 per associazione criminale (articolo 416) e per evasione fiscale. Il TAR confermava la decadenza della concessione a giugno 2018. Il Consiglio di Stato respingeva il ricorso di Global Starnet a gennaio 2019 Il 22 giugno 2019 apre a Rovigo la sala slot più grande del Veneto. L’autorizzazione sarebbe stata chiesta al Comune tra aprile e maggio se, come dichiara Wu Xufen, sono occorsi due mesi per avere il via libera.

9 – In tempo reale

Il sistema economico e sociale veneto non ha piena consapevolezza della presenza mafiosa, e di come le mafie operano. L’impalpabilità economica degli operatori mafiosi causa il rovesciamento dello stigma meridionale: le mafie non riguardano il Veneto perché non si registrano casi di omicidi mafiosi. L’inesperienza, la carenza di consapevolezza delle presenze mafiose e delle modalità con cui operano, da una parte. Dall’altra la convenienza, che induce ad accettarle come operatori di mercato in contesti in cui possono movimentare flussi finanziari e garantire il controllo della manodopera a prezzi competitivi. La reciproca convenienza, che permette anche a professionisti e faccendieri di spostarsi dalle aree di precedente radicamento (v. precedente 8.1) e di alimentare quell’area grigia che scorre tra il confine e l’incontro di illegalità e legalità.

Uno dei limiti fondamentali della lotta alla mafia sta nei difetti cognitivi che affliggono la società. Si rende allora necessario introdurre la conoscenza, come forza produttiva nello sviluppo di una adeguata coscienza civile. Il “caso Eraclea” lo rivela emblematicamente, sollevando lo sconcerto delle istituzioni e lo shock emotivo della popolazione. Libera c’era, discretamente ma c’era, nel litorale veneziano, a Eraclea, a Cavallino Treporti, San Donà di Piave, Portogruaro, Caorle e Jesolo, così come era a Zimella (v. precedente 8.3). Così come è presente in tutto il territorio regionale, con l’organizzazione in presìdi e coordinamenti. Per conoscere, per sostenere e accompagnare le vittime. Per condividere la conoscenza e le forme di comunicazione che garantiscono una più precisa conoscenza dei fenomeni mafiosi e contrastarli.

Questo è un impegno imprescindibile per Libera. Impegno che nella regione viene attuato dai nostri volontari nelle scuole, nelle realtà associative e nelle relazioni di comunità, anche attraverso patti educativi e protocolli formativi con le espressioni della società e dell’economia (Ordini professionali, Associazioni di categoria, Camere di Commercio, Albo Gestori ambientali).

L’esperienza dello sportello di ascolto “Sos Giustizia”, servizio regionale che abbiamo attuato a Padova e che ora prosegue con il progetto nazionale “Linealibera” ha intercettato casi di estorsione ed usura prevalentemente nelle provincie di Padova, Treviso e Venezia. Lo scopo del servizio non è finalizzato solo alla denuncia, ma ha come priorità l’accompagnamento delle vittime (mafie e criminalità in Veneto, Libera e Unioncamere, 2015). Confessioni raccolte in incontri riservati con detenuti e tossicodipendenti, cittadini inquieti, preoccupati. Azioni condotte con discrezione, fuori dalle luci della ribalta dei convegni o della stampa o dei social network (canali di comunicazione privilegiati da certa “antimafia dell’antimafia”). L’inclusione e la didattica di corresponsabilizzazione nel campo della giustizia minorile. Come “Liberi di scegliere”, una rete di protezione per le donne che fuggono dalla mafia con i loro figli. E’ l’impegno di un’antimafia sociale operata con le reti dell’associazionismo e del volontariato religioso e laico, delle scuole, delle università, dei sindacati, degli Enti locali, delle Istituzioni pubbliche, delle organizzazioni informali. Il primo impegno per l’affermazione della legalità è di operare per la realizzazione effettiva del dettato della Costituzione, Legge fondamentale dello Stato, che afferma l’inalienabilità dei diritti che garantiscono la dignità umana e rende prescrittivo il valore della dignità quale fondamento della società civile.